La Parola della festa: “Cambiamento”

E noi del XXI secolo come accoglieremo questa visita dall’Alto? È vero che il Natale getta nell’animo un senso di pace, di bontà, di apertura all’altro e di accoglienza. Sono sentimenti suscitati dal dolce e amabile Bambino che giace nella greppia di una grotta. Se giovano a creare una umanità più fraterna, almeno in parte hanno raggiunto lo scopo.

Ma il Bambino chiede qualche cosa di più che un semplice ammansimento dei nostri sentimenti. Chiede cuori ardenti di amore che almeno tentino di ripagare quello immenso suo verso l’uomo che lo ha portato a tanta umiltà e annientamento. Forse però consapevoli di tanta superficialità della maggior parte del nostro popolo, dobbiamo con amarezza notare tanta indifferenza e disinteresse come se Betlemme non li riguardasse. Eppure, quel divino Infante tende le sue braccia per accogliere in particolare quelli che vivono lontano, forse immersi pienamente nelle realtà umane, senza alcuna aspirazione di essere liberati dalla loro schiavitù.

C’è bisogno urgente di scuoterci dalla nostra sonnolenza e metterci in sereno ascolto di quanto egli vuol comunicarci. «Fermati – sembra implorarci il Bambino – a riflettere sulla tua vita, sull’indirizzo che le dai. Sei proprio soddisfatto di te stesso, del tuo lavoro, della tua vita, del ruolo nella società, delle tue scelte?». Facilmente, l’evidente fragilità fa vacillare tutte le sicurezze.

Dovrebbero essere queste le domande essenziali a cui dare una risposta concreta. Siamo ben duri di cuore, se dinanzi a quella povertà e annientamento del Verbo di Dio… non sentiamo alcun bisogno di cambiamento e i nostri cuori rimangono duri, impietriti da un’indifferenza che è più offensiva dell’incredulità. Il Signore è venuto per ciascuno di noi…

don Lio de Angelis

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