Ministranti

Chierichetto”  o “ministrante”? Che differenza c’è? Nessuna. Le due parole indicano esattamente il medesimo ruolo. Semplicemente “ministrante” è stata introdotta da qualche anno per provare a specificare meglio il ruolo con un nome che spiega la funzione.

Questa parola, che a prima vista può sembrare un po’ difficile, deriva da “ministero”. È usata per definire il servizio che il sacerdote, i ministri straordinari per la distribuzione della s. Comunione, i lettori, prestano a Dio e al suo popolo riuniti per la celebrazione della Messa. Quindi i ministranti sono realmente dei ministri: servono Dio e il suo popolo aiutando il sacerdote e tutti i fedeli a pregare partecipando alla Messa nel miglior modo possibile. Aiutando il sacerdote nello svolgimento di determinate azioni liturgiche, i ministranti servono realmente Gesù!

Allora il ministrante è prima di tutto un particolarissimo amico di Gesù.

Amico” perché vuole conoscerlo, cerca di volergli bene e comportarsi come vuole Lui. Sapendo che Gesù lo ascolta sempre, cerca di parlargli ogni giorno e soprattutto gli corre incontro per ascoltarlo e servirlo lì dove si fa incontrare: nella S. Messa.

Ecco perché “particolarissimo”: non deve soltanto “fare delle cose”, ma è chiamato a servire, con gesti semplici e una presenza attenta, il sacerdote che agisce nella Persona di Gesù, compie i suoi stessi gesti e pronuncia le sue stesse parole. È chiamato a servire attorno a quell’altare dove Cristo si fa presente con il suo Corpo e il suo Sangue! Servendo Gesù bene, con voglia e amore, serve anche il popolo riunito attorno a Lui, permettendo una celebrazione bella e ordinata e dando esempio di ascolto e di preghiera.

Il motivo di questo servizio non può e non deve essere la voglia di essere migliori degli altri o di “farsi belli” davanti alla gente, o di fare qualcosa per non annoiarsi. Nel cuore deve nascere e crescere il desiderio di offrirsi a Gesù per aiutare il sacerdote e il popolo a celebrare il meglio possibile il culto di Dio. Con la certezza di non essere lasciati a mani vuote, ma anzi ricolmati in una misura che supera ogni attesa.

Giovanni Paolo II parlò così ad un gruppo di ministranti in visita da lui : «Servendo alla mensa dell’Eucaristia e nelle altre celebrazioni liturgiche, attingete direttamente “dalle sorgenti della salvezza” la forza necessaria per vivere bene oggi e anche per affrontare il vostro futuro». Come Pietro, Giacomo e Giovanni davanti a Gesù trasfigurato sul monte, splendente di tutta la bellezza divina, così il ministrante scopre attorno all’altare di poter esclamare: «Maestro, è bello per noi essere qui» (Lc 9,33).

(a cura di Giuliano Naso)