Don Matteo Migliore al ritiro di comunità: “La carità è un dettaglio?”

Don Matteo MiglioreSabato 11 e domenica 12 gennaio si è tenuto a Brusson il consueto “Ritiro di comunità” per riflettere quest’anno, con l’aiuto di don Matteo Migliore, sul tema: “Il cristiano e l’apertura sociale ai problemi di oggi”. A ritrovarsi, una quarantina di persone delle parrocchie di Santena e Cambiano.
C’è una storiella che don Matteo ha proposto, che riassume efficacemente il tema del ritiro: un parroco preparava con cura meticolosa le manifestazioni esterne della sua parrocchia. Soprattutto la solenne processione del Corpus Domini. Voleva che la festa fosse un vero avvenimento per il paese. Tre mesi prima della data, radunava un apposito comitato e organizzava i gruppi di lavoro. Il giorno della festa tutto il paese era mobilitato. Alle dieci e trenta in un punto, la processione cominciò a snodarsi.
I chierichetti con i candelabri, i paggetti nei costumi colorati, le bambine con il vestito bianco che spargevano petali di rosa, i giovanotti della società sportiva con le tute gialle e blu, gli uomini e le donne delle confraternite con i labari colorati e i nastri azzurri, gialli, rossi, poi l’Azione Cattolica, i ragazzi dell’Oratorio, la gente, la teoria dei chierichetti e la banda musicale del paese. Una processione magnifica!
Quando la banda intonò il pezzo più solenne, dal portale della chiesa uscì lentamente il baldacchino di broccato dorato con i pennacchi rossi e bianchi, sorretto da quattro baldi giovani. Sotto il baldacchino, incedeva il parroco, rivestito del piviale più prezioso, che reggeva il pesante ostensorio d’oro tempestato di pietre preziose.
Improvvisamente il viceparroco, che accompagnava i chierichetti, si avvicinò allarmato al parroco e gli sussurrò: «Prevosto, nell’ostensorio non c’è l’ostia!». Il parroco ribatté seccato: «Non vedi a quante cose devo pensare? Non posso occuparmi anche dei dettagli!».
Partendo dalle sue esperienze personali, dalle vicende che che ha affrontato in Torino nelle parrocchie di s. Gioachino, s. Gaetano e s. Luca, don Matteo ha messo in evidenza le situazioni di grande difficoltà presenti nella nostra diocesi, ma sottolineato anche che vi sono numerose risposte da parte dei torinesi, ormai sensibili alle esperienze di fraternità.
La fraternità, o carità,  è stato il tema cardine del discorso di don Matteo che a partire dal Levitico, dal Deuteronomio fino ad arrivare alla Lettera ai Romani dimostra che il “comandamento nuovo” che Gesù ci porta non è poi così nuovo in realtà. La fraternità è ciò a cui Dio ci chiama.
Don Matteo non ha mancato di dare tre semplici spunti pratici da cui partire in questo cammino:
1) adempiere il proprio dovere professionale. Perché anche se non ci è richiesto di salvare il mondo, dobbiamo fare la nostra parte;
2) il volontariato. Perché nessuno è così povero da non poter fare qualcosa e nessuno è così ricco da non aver bisogno di qualcosa. Fermiamoci! Ma mettiamoci fantasia: la fantasia deve dominare la carità;
3) l’impegno della carità nella politica. Fondamentale, perché con la carità ed il volontariato si mettono solo dei cerotti mentre con la fraternità in politica si va alla radice del male.
Ed ecco chiuso il cerchio: tornando all’inizio, don Matteo ha invitato a chiedersi: la carità per noi è un dettaglio? L’altro per noi è un dettaglio?

Novella Tesio

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