Naprotecnologia, un’alternativa per chi non può avere figli
La difficoltà sempre più diffusa per una coppia ad avere bambini è un dato certo. Le cause no. Si può trattare di problemi ormonali, di disfunzioni del ciclo, di motivazioni psicologiche – ansia, stress – di fattori legati all’inquinamento, persino a un’errata alimentazione. Non c’è quindi un’unica diagnosi e di conseguenza una cura che vada bene per tutti i casi. Sta di fatto però che il problema dell’infertilità esiste, ed è causa di dolore e disperazione.
Per questo motivo, spesso le coppie ricorrono alla fecondazione in vitro, ovvero alla fecondazione artificiale, i cui risultati non sono certi e rischiano di aumentare ancora di più la sofferenza e l’umiliazione. Il desiderio di generare vita finisce con il ferire la dignità umana e l’etica. La fecondazione artificiale, infatti, ancora prima di implicare un problema religioso è una minaccia alla coscienza e alla morale.
Ma c’è un’alternativa: la Naprotecnologia, grazie alla quale si possono capire e risolvere le cause dell’infertilità. Naprotecnologia è un’abbreviazione di Natural Procreative Technology, letteralmente: la tecnologia della procreazione naturale. Il suo fondatore è un ginecologo, chirurgo americano, Thomas W. Hilgers che è anche il direttore dell’Istituto Scientifico Paolo VI con sede in Omaha, nello stato del Nebraska, negli Stati Uniti. Questo metodo è oggi molto diffuso anche in Polonia e in Irlanda e può vantare un’efficacia nel 50% dei casi. Ha un tasso di riuscita che è il doppio di quello della fecondazione assistita, per percentuali di nascite da coppie che seguono i trattamenti, e costa undici volte di meno, ma è praticata da pochi medici in tutto il mondo, boicottata dalla lobby della provetta e ignorata dai sistemi sanitari nazionali.
Cos’è la Naprotecnologia? Si tratta di un metodo naturale, ovvero di un metodo che si basa sullo studio dell’andamento del ciclo mestruale per individuare le problematiche legate alla fertilità e alla salute della donna (parti prematuri, rischi di aborto, depressioni post-partum, sindrome premestruale, endometriosi, cisti ovariche, perdite di sangue etc.) per poi adottare le cure specifiche. Non prevede quindi il ricorso a una fecondazione in vitro: nessun embrione dovrà essere scartato e nessun embrione sarà congelato. «La differenza fra naprotecnologia e fecondazione in vitro consiste nel fatto che nella prima la questione fondamentale è la diagnosi delle cause dell’infertilità, si cerca una spiegazione medica del perché una coppia non riesce a procreare, quindi si cerca di eliminare il problema e “aggiustare” il meccanismo naturale, ridandogli la sua armonia», spiega Phill Boyle, il ginecologo irlandese che tiene i corsi di formazione in naprotecnologia per medici di tutta Europa in una clinica di Galway.
Quali sono i passi da seguire? Come prima cosa si dovrà capire il problema: questo significa che la donna sarà seguita da un istruttore per un periodo di 2-6 mesi, che le insegnerà il funzionamento del modello Creighton ovvero come annotare e riconoscere i cambiamenti delle proprie perdite e del muco. Potranno essere anche eseguite analisi biochimiche, ecografie, studi del seme maschile. Tutto questo serve per fare la diagnosi che verrà sottoposta al medico naprotecnologo per prescrivere la cura. Questa fase ha una durata di 1 – 6 mesi. L’ultima tappa prevede il mantenimento di 12 cicli buoni; verrà utilizzato di nuovo il modello Creighton per controllare che questi 12 cicli corrispondano ai valori richiesti.
Un esempio pratico: Per essere più chiari riportiamo la testimonianza del medico naprotecnologo Raffaella Pingitore che lavora in Svizzera. Si tratta del caso di una donna di 36 anni che desiderava una gravidanza da otto anni ed era ricorsa anche a cinque fecondazioni artificiali. “Le ho fatto registrare la tabella dei marcatori della fertilità e abbiamo notato che aveva un ciclo regolare, con un buon muco fertile, una fase di muco fertile soddisfacente, ma dei livelli ormonali al settimo giorno dopo l’ovulazione, un po’ bassi, il che indica un’ovulazione un po’ difettosa. Aveva anche dei sintomi di endometriosi (…). In questo caso è stata eseguita una laparoscopia, è stata trovata l’endometriosi e sono stati asportati i focolai di endometriosi sull’utero, sulle ovaie e sulle tube. Si è poi proseguita la cura anche con dei farmaci (…)”. Dopo un anno questa donna è rimasta spontaneamente incinta. La Naprotecnologia non deve essere considerata come un semplice metodo naturale ma un trattamento basato su ricerche e cure avanzate.