Unioni civili: il punto della situazione

Torna oggi, 24 febbraio, in discussione al Senato il ddl Cirinnà. Chiariamo alcuni concetti chiave e vediamo quanto sta accadendo.

 

Unioni civili o matrimonio omosessuale?
Il disegno di legge ddl Cirinnà dice di voler regolamentare le Unioni Civili per le persone dello stesso sesso, ma di fatto ne regolamenta il matrimonio: tutti gli articoli si riferiscono al codice civile che regolamenta i matrimoni.
In sintesi fanno finta di votare una pera, ovvero unioni civili, ma di fatto votano una mela, ovvero il matrimonio samesex (come ha ammesso l’onorevole Scalfarotto in un’intervista a Repubblica di ottobre 2014).

 

Qual è il problema?
Mentre l’Europa dichiara che ogni Stato ha il diritto di decidere se introdurre o meno il matrimonio samesex, obbliga gli Stati che lo regolamentano (o che hanno istituti molto simili) ad aprire alla filiazione omosessuale. Recentemente Strasburgo ha obbligato l’Austria ad introdurre le adozioni gay, perché le loro unioni civili sono troppo simili al matrimonio.

 

Di cosa parla il famoso “art. 5”? Cosa è la “stepchild adoption”?
La stepchild adoption (adozione del figliastro) intende condonare i “risultati” di una pratica barbara quale è l’utero in affitto.
A chi dovesse negare ciò ricordiamo che il Tribunale dei Minori, nel supremo interesse del fanciullo, già tutela i bambini, anche quelli nati da precedente relazione che vivono ad oggi in una coppia dello stesso sesso. Per esempio, se una donna ha una relazione con un uomo con cui concepisce un bambino, poi si separa e trova una compagna, il piccolo non è adottabile, perché il padre biologico esiste. Dovesse morire il padre, invece, e dovesse morire anche la madre, il tribunale dei minori già oggi può affidare il bambino alla compagna della madre in base alla cosiddetta continuità affettiva. Qual è allora l’effettiva ragione della stepchild adoption? Quando non esiste il secondo genitore e non c’è continuità affettiva.

 

E se stralciano l’art. 5?
Anche a fronte dello stralcio dell’art. 5, proprio per quanto detto (unioni civili = matrimonio samesex), basterebbe una minima sentenza italiana o europea ad aprire alle adozioni gay: qualsiasi giudice valuterebbe la legge per quello che in sostanza è, un matrimonio, e non per “falso titolo”, unione civile..
A prescindere dello stralcio dell’art. 5 quindi si aprirebbe all’adozione, e dunque, condonerebbe quanto di più incivile può accadere: la firma di un contratto che rende falsamente orfano un bambino di padre o madre, per poterlo acquistare (utero in affitto e eterologa).

 

Cos’è il “Canguro”? 
La scorsa settimana il Pd ha presentato in senato il maxi emendamento Marcucci, volto a blindare la legge: una volta votato e passato questo emendamento, si sarebbe reso inutile la discussione degli altri presentati. Si chiama infatti in gergo Canguro proprio perché permette di saltare una democratica discussione.

 

Qual è la situazione attuale?
I Cinque Stelle si sono rifiutati di votare il maxi-emendamento che elimina tutte le proposte di modifica al testo sulle unioni civili e che blinda il ddl Cirinnà. Il presidente del Senato Grasso ha rinviato tutto di una settimana: si ripartirà oggi, mercoledì 24 febbraio, nel pomeriggio. Il canguro però rimane in campo.
C’è in Parlamento una diffusa contrarietà non solo riguardo all’articolo 5 sulle adozioni ma anche rispetto ai punti 2 e 3 della legge che, di fatto, equiparano le unioni civili al matrimonio.
Il testo della legge pare incostituzionale, come dimostrano i timori del presidente Mattarella e perché la procedura parlamentare ha violato clamorosamente l’articolo 72, non essendoci stato l’esame della Commissione preposta. Ma soprattutto va ricordato che è possibile mettere nero su bianco i diritti individuali già garantiti, senza creare nuove formazioni sociali che annacquano l’istituto della famiglia.

 

Al mondo cattolico non resta che vigilare, intervenire e dare il massimo del supporto alla causa della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna nello spazio pubblico e privato, senza nulla togliere ai diritti di ciascuno, ma già garantiti dalle leggi vigenti o garantibili da leggi appositamente studiate, che tuttavia non equiparino due realtà che non sono uguali.

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