Senza oneri per lo Stato

bimbo legge giornaleSta facendo molto discutere la sentenza della Quinta sezione civile della Cassazione, che ha stabilito, in merito al caso di due scuole del livornese, che le scuole paritarie debbano pagare l’ICI (dal 2011 parte integrante dell’IMU).
Ovviamente è subito scattata la diatriba tra sostenitori e contrari alla sentenza e mai come in questi giorni è tornato sulla bocca di tutti l’articolo 33 della Costituzione, che recita così:

L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale.
Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.

In particolare molti commentatori più o meno autorevoli sottolineano le parole “senza oneri per lo Stato“. Vorrei soffermarmi su questo aspetto.

Effettivamente se ci fermiamo al solo senso letterale diviene chiaro che lo Stato non deve sborsare alcun soldo per il sostentamento delle scuole che chiedono la parità (e fanno quindi parte del circuito pubblico contrariamente appunto alle private). Ma la questione di fondo è questa: il contributo che lo Stato Italiano versa alle scuole paritarie è un onere o meno?

Vero che ogni anno vi è un contributo (per il 2015 fissato a 471,9 milioni di euro, ma in costante diminuzione rispetto agli anni precedenti), ma vero anche che tale contributo corrisponde in realtà a meno dell’1% di ciò che la scuola statale costa allo Stato italiano ed inoltre le scuole paritarie rappresentano una realtà consistente essendo circa il 24 % del totale. Per farla breve allo Stato Italiano conviene dare un contributo perché se dovesse sobbarcarsi il costo degli alunni oggi iscritti alle paritarie di ogni ordine e grado non riuscirebbe certo a sostenerlo.
Infatti un alunno di una scuola paritaria non statale (ma egualmente pubblica) costa in media sei volte in meno rispetto ad un alunno della corrispondente scuola statale.

Appare qui perciò evidente come l’onere del contributo annuo sia in realtà un vantaggio per lo Stato che con una cifra alquanto irrisoria ricompensa le paritarie per non aggiungere una pesantissima voce di spesa alle sue già esigue risorse. Se volessimo fermarci alla superficie potremmo chiuderla qui (e ad essere sinceri molti in questi giorni non sono andati oltre) però se seguiamo il ragionamento fatto poche righe sopra dobbiamo aggiungere qualcosa.

Infatti, ragionando come prima, potremmo anche dire che qualora lo Stato disponesse di ingenti risorse e fosse in grado di farsi carico senza problemi della spesa di tutti gli alunni del circuito pubblico (statale e parificato), allora le scuole paritarie non avrebbero più motivo di esistere perché non più convenienti e di alcun aiuto allo Stato. Ma io mi chiedo: è quella delle scuole paritarie una semplice presenza di supporto logistico o è una presenza ben più radicata ed articolata nel tessuto scolastico ed educativo italiano?

In un mondo come il nostro, dove il richiamo costante (e a volte alquanto politicamente corretto) ai diritti a qualunque costo è divenuto cosa abituale e ridondante, è mai possibile che accanto al diritto all’istruzione per tutti (sacrosanto) nessuno si ricordi del diritto e dovere dei genitori di istruire ed educare i figli e quindi si ricordi di quella libertà fondamentale che è quella di educazione? Libertà che è prima di tutto da garantire ai genitori per il bene dei propri figli?

Dare un contributo per garantire tale libertà deve essere ancora considerato onere?
Ossia per il bene delle proprie casse uno Stato può permettersi di negare dei diritti fondamentali ai propri cittadini e specialmente quando questo ha a che fare con la formazione delle future generazioni? Io mi chiedo dove siano finiti in questo caso i cantori del pluralismo a tutti i costi? Non è in gioco anche qui? Forse dal loro punto di vista non è il caso di protestare troppo perché in fin dei conti molte paritarie sono di ispirazione cattolica e togliendole di mezzo anche la Chiesa Cattolica avrebbe un po’ meno voce e parte in causa!  Il loro silenzio è a dir poco imbarazzante e ideologicamente manifesto.

Qui non si vuole magnificare una realtà e demonizzarne un’altra, ma semplicemente far riflettere sul fatto che l’educazione non è prerogativa prima ed unica di uno Stato (il secolo dei totalitarismi dovrebbe avercelo insegnato bene), ma dei padri e delle madri cui lo Stato offre un servizio ed un aiuto per scegliere liberamente l’istruzione per i propri figli nel suo stesso interesse.

Andrea Musso

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