La Torre di Babele

Ho riscoperto il valore di questa pagina della Bibbia (Genesi 11,1-9), che mi sembrava un po’ secondaria… invece è molto attuale! Quando la sacra Scrittura parla dell’uomo, è sempre l’uomo, sia di ieri che di oggi e anche di domani, perché l’uomo sarà sempre uguale a se stesso, dopo il peccato originale, se non si lascia plasmare da Dio.

Mi ha colpito la frase: «Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra». Ci accorgiamo dal contesto che Dio è stato dimenticato, non ha più nessun posto nel cuore e nella vita dell’uomo di quei tempi. E allora, quando Dio non interessa più, si cerca subito di “farsi un nome”, di spodestare Dio da cielo e andarci noi, di mettersi cioè in evidenza, di dare il massimo spazio all’uomo, perché è lui il padrone, il capo, il fine di se stesso.

«Confondiamo la loro lingua perché non comprendano più la lingua l’uno dell’altro», dice  il Signore, quando si accorge delle pericolose intenzioni dell’umanità. E così gli uomini sono rimasti estranei tra di loro. Proprio vero: più aumenta l’egoismo, più il fratello diventa un estraneo, un rivale, un nemico. È sempre la stessa storia. Ritorna sempre il Maligno che, come aveva detto ai nostri progenitori: «Non morirete affatto se mangiate di quell’albero», così ripete adesso: “Se Dio non c’è, fatevi sotto voi, siete voi i padroni, fate vedere chi siete, fatevi un nome che vi ponga al disopra di tutto e di tutti”.

Solo che questa volta non ci sono più solo Adamo ed Eva. Ora, a Babele sono in tanti, e quindi se ognuno vuol diventare il padrone, il migliore, farsi un nome, va in competizione con gli altri. Per questo non si sono più capiti e non stavano più volentieri insieme. La terra, allora, era quasi tutta da conquistare, per cui ognuno se ne andò per i fatti suoi, a farsi un nome, possibilmente dove non c’erano ancora competitori e avversari.

L’uomo, da allora, ha sempre continuato a voler “farsi un nome”, prevalere sugli altri, ricercare il proprio interesse: solo che oggi è più difficile. Il mondo ormai è tutto occupato, e io non posso andarmene altrove, devo per forza sgomitare con i miei vicini, per vedere se riesco a “farmi un nome” anche sul loro territorio. Per questo, devo annullare chi me lo impedisce. Allora ci si è costruiti le armi, anzi si è voluto farsi un nome, costruendo armi migliori degli altri. Oggi, poi, non devi neanche spostarti da casa, basta schiacciare un bottone  e il missile parte e va dove vuoi tu. Solo che i missili li hanno anche gli altri!!

La storia (o la parabola), è arrivata a questo punto e non so come andrà a finire. Da una parte ho paura che qualche persona (diversamente intelligente) schiacci il primo bottone – e Dio sa cosa capiterebbe in tutto il pianeta. D’altra parte, per fortuna, c’è ancora tanta gente che è convinta che Dio sia sempre rimasto al posto suo, cioè nel cuore di tanti buoni e semplici, e saprà intercedere per tutti, affinché il Maligno possa tornarsene a casa sua con le pive nel sacco, permettendo che il nome di Dio ritorni e continui “Lui” a farsi un nome, il “suo nome”, in tutto il creato.

don Lio de Angelis

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