La morte: fine o inizio?

Novembre è il mese in cui si pensa alla morte. Una volta si diceva ai cristiani: “Ricordati che devi morire!”. Oggi invece si cerca di nascondere la morte in tutti i modi, si evita di parlarne, si cerca di evitarla anche con cure costosissime, su corpi ormai privi di vita naturale. L’attenzione forse esagerata del passato ora è quasi svanita. Creati per la vita, ci ripugna l’dea della fine a l’avvolgiamo di paura, o pensandoci troppo o negandola. Per un credente, tuttavia, la morte non è affatto la conclusione finale, come non lo è la nascita per i feto.

C’è in noi una insicurezza di fondo, quasi che la vita ci tradisca, ma sentiamo anche il bisogno impellente di vivere per sempre. Quest’ultimo è insito nella natura dell’uomo, creato ad immagine di Dio, quindi partecipe dell’Essere eterno, la cui presenza comunica consistenza a tutto ciò che esiste. La vita è adesione inconscia, ma reale a Lui. Noi dobbiamo cercare di esserne consapevoli, cioè di crederci sul serio, perché è l’unica garanzia contro la morte. Il problema nasce quando si dimentica che l’esistenza è un dono gratuito e che l’uomo non è origine di se stesso. Abbiamo infatti tutti la tendenza e preoccupazione di assicurarci a noi stessi o a qualcos’altro, come se tutto dipendesse da noi, o dal denaro o da altro. L’anelito al piacere, al possesso e al potere nasce proprio da questa idea falsa, come se qualcosa oltre a Dio potesse assicurarci e toglierci la paura di morire, di non esserci più.

Ogni perdita è un’esperienza della morte e di perdite ne proviamo ogni giorno, perché tutto ciò che esiste è fragile e finisce, persone e cose, sogni e realtà: il corpo perde le sue cellule ogni giorno, il fiore appassisce, il tempo va avanti e mai indietro. Noi piangiamo un defunto e ci dimentichiamo che lui invece è giunto alla vera Vita che non muore. Ma l’uomo purtroppo, e anche tanti cristiani, non lo vuole sapere, non ascolta le parole del Vangelo che affermano la vittoria della Vita sulla morte, le tante affermazioni della Parola di Dio sulla necessità di non attaccarci a nulla, neanche al tempo, perché tanto dovremo lasciare tutto e tutti.

L’incoscienza umana ostacola quindi lo scopo della vita, che sta appunto nell’umile gratitudine, che vede ogni evento della vita, gioioso o faticoso, come un passo verso la pienezza di Dio che si raggiungerà con il trapasso finale. Dio non vuole la morte dei suoi figli! Quanti si ribellano di fronte alla morte di una persona cara, come se fosse opera del Signore. Chi reagisce così ignora il disegno del Creatore che vuole che tutti siano salvi, che tutti arrivino a prendere il proprio posto che Gesù ci ha promesso: “Vado a prepararvi un posto!“.

Per chi invece consente di esistere solo per prepararsi a partecipare un giorno (per quanto lontano!) all’Essere infinito, la morte appare come il compimento di un’esistenza da ricevere come un dono d’amore da parte del Padre, fonte di ogni esistenza. Non è facile da credere, ma con l’aiuto di Dio, come hanno fatto e stanno facendo tanti, ci riusciremo anche noi.

don Lio

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