Divorziati e risposati: la Chiesa è anche la loro casa (3/5)
I Padri della Chiesa, sin dai primi secoli della storia della Chiesa, insieme ai concili, ritennero le leggi civili sul divorzio incompatibili con la richiesta di Gesù circa l’indissolubilità del matrimonio. Nell’epoca patristica i credenti che si erano risposati una seconda volta con nozze civili non venivano riammessi ai sacramenti nemmeno dopo un periodo di penitenza.
Col passare del tempo e in particolare in alcune zone, a causa del sempre più stretto rapporto tra Chiesa e Stato, si addivenì a sempre maggiori compromessi. Nel cristianesimo orientale, in particolare, soprattutto dopo la separazione dalla comunione con il vescovo di Roma, è invalsa la pratica, segnata da molte varietà, di ammettere il divorzio per clemenza pastorale per i singoli casi. Questa prassi certo non è coerente con il dettato biblico e la parola esplicita di Gesù sull’indissolubilità del matrimonio e rappresenta un aspetto di confronto ecumenico assai delicato.
In Occidente, la riforma di Papa Gregorio Magno nel VI secolo contrastò le tendenze di liberalizzazione e ripropose l’originaria dottrina biblica accolta e trasmessa già dai Padri. La Chiesa cattolica ha difeso l’indissolubilità matrimoniale anche a costo di fatiche e sofferenze, che si sono manifestate pure sul piano storico: lo scisma della Chiesa anglicana dal cattolicesimo si produsse proprio a causa del negato scioglimento del proprio matrimonio che Enrico VIII d’Inghilterra pretendeva.
Sia il Concilio Vaticano I, sia il Vaticano II, hanno ribadito la fondatezza biblica e di fede per l’indissolubilità del matrimonio: “Questa intima unione, in quanto mutua donazione di due persone, come pure il bene dei figli, esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne reclamano l’indissolubile unità. […] Infatti, come un tempo Dio ha preso l’iniziativa di un’alleanza di amore e fedeltà con il suo popolo cosi ora il Salvatore degli uomini e sposo della Chiesa viene incontro ai coniugi cristiani attraverso il sacramento del matrimonio. Inoltre rimane con loro perché, come egli stesso ha amato la Chiesa e si è dato per essa così anche i coniugi possano amarsi l’un l’altro fedelmente, per sempre, con mutua dedizione” (Gaudium et spes, 48).
Ciò che rende l’indissolubilità comprensibile e dotata di un significato profondo è il fatto che il matrimonio sia sacramento: essa è segno visibile dell’amore di Dio per il suo popolo e della fedeltà di Cristo alla sua Chiesa. Ma questo si può comprendere solo all’interno di una vita di fede. Se si considera il matrimonio una realtà puramente naturale, non si capisce la sua sacramentalità e dunque la sua natura indissolubile.
d. Mauro