“Lettera da Gesù Bambino”: omelia della Messa della notte di Natale

I nostri bambini e tutti noi, un tempo, abbiamo scritto la nostra letterina a Gesù Bambino, per Natale. Stanotte, proviamo a immaginare che invece sia proprio Gesù Bambino a scrivere a noi…

«Cari parrocchiani di Santena, cari amici e amiche,
se siete qui stasera è perché avete desiderio di incontrarmi, vi attendete qualcosa da me. Una parola, un po’ di luce, una consolazione… o anche solo cercate un po’ di calore che vi scaldi dentro. So bene che è così. Ed è per questo che vi scrivo, stanotte. Proprio perché sono così piccolo eppure vengo per spezzare i gioghi che vi opprimono, le sbarre sulle vostre spalle, il bastone dei vostri aguzzini, come dice di me Isaia profeta (Is 9,3). Sono qui per portare pace agli uomini che amo (Lc 2,14): a voi, a te. Sì, e proprio a ciascuno di voi vorrei dire qualcosa.

Comincio da voi, cari giovani: non fatevi rubare il futuro. Tocca a voi vegliare nella notte, come i pastori di Betlemme (Lc 2,8). Vegliare il gregge che sono i vostri sogni, quello che vorreste ma non avete; il gregge che sono il mondo e le relazioni che vorreste diverse, ma che sono così vuoti, superficiali, senza gusto. Non temete (Lc 2,10): sono io l’unico che può darvi quanto cercate. Fuori di me troverete solo delusioni. Mentre invece con me potrete sognare in grande e vivere nell’unico modo per cui vale la pena. Basta, fare quello che fanno gli altri per non essere esclusi; basta, dover bruciare il presente perché il domani è solo incertezza; basta, volare basso perché tanto nulla cambierà! Non è vero: insieme, possiamo cambiare il mondo! Fatemi entrare nelle vostre vite, nelle vostre scelte, nei vostri rapporti d’amore. Rinnegate quello che è male e i desideri mondani (Tt 2,12); seguite me e quello che vi dico: altrove non c’è quel che cercate. Da nessuna parte, se non in me!

Care famiglie, voi siete il centro vitale di Santena, la sua linfa vitale, il luogo da cui ogni cosa parte. L’amore tra voi genitori sia ciò che regola tutto. Siate pieni di zelo per le opere buone (Tt 2,14). Bandite ogni egoismo: non andate a cercare altrove quello che vi ho messo accanto quando vi siete sposati. Parlatevi, quando qualcosa non va; manifestatevi l’uno all’altra le proprie esigenze; fate tutto per il bene dell’altro. Non guardate solo a voi stessi o al sentimento o a quello che il vostro corpo chiede. Quante donne o uomini migliori ci sono al mondo! Ma non sono tuo marito, non sono tua moglie! Ascoltate i vostri mariti e le vostre mogli; cogliete i loro desideri e le loro esigenze, componeteli con i vostri. Coltivate il bene maggiore per entrambi, anche se vi sembra essere un po’ minore rispetto al bene maggiore per ciascuno di voi, singolarmente preso. E ricordate che il bene maggiore per ciascuno di voi è quello di voi due insieme.

Cari malati, cari anziani, cari voi che siete soli o abbandonati! Quanto mi siete vicini, cari! E quanto io vi sono vicino! La vostra sofferenza è la mia stessa sofferenza… qui, nato in una mangiatoia, perché per me e mia madre e Giuseppe non c’era posto da nessuna parte… Rifiutato da tutti, come sarà sulla croce… abbandonato anche dagli amici… Cari voi, non temete (Lc 2,10), anche se le tenebre sono oscure. Su chi abita in terra tenebrosa, rifulge una luce (Is 9,1): è la mia luce. Io sono con voi, non vi lascio soli: pregate, ascoltate la mia Parola in radio e in televisione, trovate conforto nella fede. Io non vi abbandonerò mai! Statene certi! Sulla croce sono per voi e con voi, sempre! E la croce non è l’ultima parola, lo sapete bene. Dopo la croce viene la vita, viene la risurrezione! Non temete!

Cari lavoratori, a voi invece faccio una richiesta. È ora di dare un sussulto alle vostre attività. Sia che siate dipendenti, sia che abbiate responsabilità o siate imprenditori. Svolgete il vostro lavoro con sobrietà, giustizia e pietà (Tt 2,12). È ora di tornare a fare il lavoro perché sia ben fatto, non per il profitto. Ecco la sobrietà. Non c’è guadagno vero se l’unico scopo del lavoro è la paga. Il lavoro mal fatto non paga. Alla lunga, non paga. E questo tocca tutti, a ogni livello. Lavoriamo perché il lavoro sia fatto bene, perché a coloro ai quali ne andranno i frutti, possano realmente beneficiarne. Ecco la giustizia. Lavorare in modo approssimativo, superficiale, con il solo scopo di portare a casa lo stipendio non è cristiano, perché non è rispettoso né degli altri, né di Dio che ce li mette accanto o ce li affida. Ecco la pietà. È ora di avere tutti un po’ meno, per poter avere tutti qualcosa. E questa è una responsabilità a cui i cristiani non si possono sottrarre.

Cari tutti, solo mettendo me al centro di ogni vostra decisione, di ogni vostra scelta, di ogni realtà che vivete, di ogni sentimento che provate, moltiplicherete nelle vostre vite la gioia, aumenterete la letizia; potrete gioire come si gioisce quando si raccoglie con abbondanza (Is 9,2). Io sono la giustizia che voi cercate (Is 9,6)!

E qual è lo stile di tutto questo? È lo stile di un bambino avvolto il fasce, adagiato in una mangiatoia (Lc 2,7). È il mio stile. È lo stile che tu cerchi. Quello con cui tu stesso vuoi vivere; quello che alberga nel tuo animo, come un desiderio, laggiù in fondo, in fondo. E che ogni tanto si fa sentire. Come la notte di Natale, quando i tuoi occhi si velano, quando magari una lacrima ti riga il viso. È lo stile dell’affidarsi ad un abbraccio che non tradisce, un abbraccio che ama. Un abbraccio che stanotte è il mio: l’abbraccio di un Bambino. E questo è il volto vero di Dio! Tutto il resto, sono fantasie.

Vieni qui, dai, non fare il testone o la testona. E tornaci… Domenica ti aspetto. Sono sempre io! Torna da me, vieni a confessarti, se non l’hai ancora fatto… coraggio, dai! Lo so che vuoi cambiare la tua vita! Vieni, io sono qui…

Buon Natale dal tuo

Gesù Bambino»

(Omelia di don Mauro nella Messa di mezzanotte del Natale 2012)

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