La Parola della festa: “Padre nostro”

Parola della festaI discepoli di Gesù lo vedevano sovente trascorrere lunghe ore in orazione, ritirato in un luogo solitario. Pur restandone affascinati, sapevano di non essere in grado di imitarlo, anzi, non avevano le idee chiare sulla preghiera. Ecco allora l’umile richiesta: «Signore, insegnaci a pregare». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: “Padre nostro”…» Proviamo allora anche noi a capire meglio questa meravigliosa preghiera.

Pregare è dare a Dio del papà, a Lui che è innamorato dei suoi figli, e non il padrone, il re, il giudice. È un Dio che sa di abbracci; un Dio affettuoso, vicino, caldo, cui vien normale chiedere le poche cose indispensabili per vivere. E chiederle da fratelli, dimenticando le parole “mio” e “tuo”, perché sono fuori dalla grammatica di Dio. Possiamo ripetere cento “Padre nostro” al giorno, ma se è solo detto come una formula, non serve. Se invece diciamo Padre, come un bambino chiama suo padre o sua madre, con fiducia, con un’obbedienza che si affida, allora stabiliamo un rapporto meraviglioso con Lui.

«Che il tuo nome sia santificato». Il nome di Dio è “Amore”. Che l’amore sia santificato e sparso sulla terra per tutti. Che l’amore santifichi e purifichi  la terra, le cose, le persone, tutto.

«Venga il tuo regno». Nasca finalmente la terra nuova come Dio la sogna da sempre. Venga in fretta, prenda forma compiuta il lievito santo che già pulsa e fermenta in tanti cuori.

«Dacci il pane nostro quotidiano». “Pane” indica tutto ciò che serve alla vita e alla felicità: donaci il pane e l’amore, entrambi necessari ogni giorno. Pane per vivere e amore per sopravvivere. E che sia quello giusto, perché, se uno è sazio e l’altro muore di fame, quello non è il pane di Dio e il mondo nuovo non può venire.

«Perdona i nostri peccati». Togli tutto ciò che pesa, sporca e invecchia il nostro cuore, tutte le ferite che rimangono aperte in me e negli altri. Il perdono non si riduce a un colpo di spugna sul passato, ma libera il futuro, apre strade e relazioni nuove. E quando l’abbiamo ricevuto, dobbiamo regalarcelo a vicenda.

«Non abbandonarci alla tentazione». Se ci vedi camminare dentro la paura, la sfiducia, la tristezza, o se ci senti attratti verso quello che ci fa male, prendici per mano e accompagnaci verso il Bene, l’Azzurro, la Gioia, la Luce, cioè verso di Te, per poi riprendere il cammino, carichi di Te, per poter aiutare gli altri.

Don Lio de Angelis

 

Lascia un commento